Muoio come un paese

Una metafora fantascientifica, e allo stesso tempo arcaica, di una società che ha perso se stessa, e che è morta in se stessa. L’unica entità che rimane in piedi è una figura ambigua: la Storia.

Il progetto, ideato dall’artista Gemma Hansson Carbone, attraversa la performance, l’architettura, l’archeologia, la poesia e il linguaggio della body art, e struttura la propria ricerca ed espressione artistica attorno ad un testo scritto dal poeta contemporaneo Dimitris Dimitriadis, e alla figura dell’ Angelus Novus che Walter Benjamin descrisse nel suo omonimo saggio datato 1940.

MUOIO COME UN PAESE è un esperimento artistico e liturgico atto ad evocare la presenza e l’avvento dell’Angelo della Storia.
MUOIO COME UN PAESE è inseguire la Storia, ovunque, in luoghi inaspettati, per ascoltarla parlare. Per essere testimoni della sua esistenza, del suo manifestarsi.

La Storia è immobile, non può andare nè avanti nè indietro, e ci racconta ciò che abbiamo passato e ciò che faremo accadere. Ciò che siamo.

“C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo.

MUOIO COME UN PAESE
by Dimitris Dimitriadis with Gemma Hansson Carbone

Architect: Vasilis Mavrianos
Special thanks to Mr. Theodoros Terzopoulous and Aglaia Pappas
Produced by Naprawski
Supported by Konstnärsnämnden – the Swedish Arts Grants Committee (SWE), ABF (SWE), Space A and KIAR 2023 (NEPAL) PARC – Performing Arts Research Center (ITA), Fondazione Fabbrica Europa (ITA), Gathenhielmska Kulturhuset (SWE), Art del Caminar – Walking Art and Relational Geographies (ES), walk ● listen ● create (BE)

MUOIO COME UN PAESE muove dall’idea di rappresentare un incontro con la Storia: l’atto artistico prende la forma di una performance intima e radicale la cui sfida è mettere in dialogo le parole di Dimitriadis, il loro portato semantico e immaginifico e il luogo in cui queste parole cadono. La ricerca artistica è improntata su questo movimento: il fuori ed il dentro, voce e paesaggio, l’intimo ed il politico, il tempo e lo spazio. Figura chiave e genitrice di questa ineluttabile e naturale dicotomia è il corpo umano, e, in questo contesto, il corpo di una donna inserito in una dimensione spaziale precisa, storica. Lo spazio e la storicità che cerchiamo non è creata unicamente dal contesto naturale o da strutture urbane, ma, in primis, dall’intervento della presenza di un gruppo di visitatori o testimoni.

Il tipo di ricerca che vorremmo condurre grazie al programma di residenze Verdecoprente mira infatti ad esplorare la relazione tra l’essere umano ed il territorio in cui abita, arrivando a disegnare quella che definiamo un’architettura invisibile fatta di memorie, azioni, sguardi prospettici, utensili, reperti, sentieri, racconti, dialetti, tradizioni. In questa architettura invisibile si manifesta l’Angelus Novus, come un’annunciazione leonardesca che ci sorprende in cucina, o in una stalla, o su di un crinale, e che ci racconta qualcosa di imponderabile, portandoci in dono una profezia.

L’Angelus è una giovane donna con un accento strano, non identificabile. Narra delle ultime spietate vicende del Paese incarnando le voci delle cronache rimaste da quell’epoca di crisi. La donna racconta l’epoca storica di un passato futuro. La espone con la minuziosa scientificità di chi ha osservato lo svolgersi degli avvenimenti fuori dal corso naturale del tempo. Dove ci troviamo? Quando sta accadendo tutto questo?
La narrazione, frammentaria – regolarmente interrotta da puntini di sospensione che lasciano cadere intere parti di testo nel vuoto di una testimonianza storica perduta – è composta da alcune parti del poema di Dimitriadis e strutturata seguendo le regole del luogo e della geografia dove la performance si colloca.

MUOIO COME UN PAESE è pensato per avvenire in contesti extra-urbani o naturali, con supporto tecnico minimo. Questa disposizione riflette la necessità di assumere una posizione altra rispetto al canonico collocamento dell’evento artistico, del performer e dello spettatore. Sebbene la relazione tra i tre elementi sia immutata e immutabile nel corso dei millenni, la sfida è quella di abitare un diverso spazio per dare la libertà, durante l’esperienza dell’atto performativo, di sentire emergere una nuova comunità e una nuova esperienza cognitiva. L’architettura della performance segue le regole del paesaggio, e, del paesaggio, dei suoi abitanti e della sua natura, si fa comunicatrice. La luce naturale sarà l’unica fonte di illuminazione della scena. Questo è il primo passo della nostra ricerca artistica attuata in vari paesi e ambienti del mondo: ci interessa esplorare come gli elementi permanenti di diverse geografie informino la drammaturgia e la presenza sia degli spettatori che della performer. In che modo una piazza, un pendio, un prato o una specifica formazione geomorfica modellano l’espressione e la percezione di un’azione performativa? Qual è la relazione occulta ma vibrante tra Natura e Arte? Umanità e Storia?

MUOIO COME UN PAESE ci porta direttamente al cuore pulsante delle passioni e delle traversie di un Paese in uno stato di imminente collasso. Sezionando la carne e le ossa di questa carcassa politica e geografica, osservandone i legamenti spezzati e i suoi organi inerti, si rivelano le stesse putrefazioni di coloro che l’hanno creata e accudita nel corso dei secoli: noi, il suo popolo. Un Paese è composto principalmente dal suo popolo, dai suoi cittadini, il nostro Paese è composto da noi. E dunque, noi, cittadini stanchi di una società in decomposizione, devastata da anni di guerre, pandemie, cambiamenti climatici, corruzione, violenza e ipocrisia, siamo portati di fronte ai nostri stessi crimini, alle nostre atrocità.

Il re è nudo: tutto sta accadendo, tutto esplode. Siamo noi che stiamo per esplodere.

Il testo è stato scritto nel 1978 da un giovane Dimitriadis che aveva recentemente assistito alle brutali implicazioni e conseguenze dell’agonia della Grecia, sotto il regime dei colonnelli. Come in un incubo, la scrittura visionaria e aggressiva del drammaturgo greco va contro l’euforia del periodo successivo alla dittatura. Piuttosto che un superficiale e ideologico inno alla liberazione, Dimitriadis richiede che ci immergiamo nel suo complesso vortice di parole ed evocazioni per offrire una sperimentazione spirituale, molto simile alla danza della morte che Ingmar Bergman dipinse nel suo capolavoro “Il settimo sigillo”. È come se volesse presentarci una sorta di carnevale della Storia, con maschere macabre e grottesche, dal quale scaturisce un nuovo tipo di energia, la pura forza della vita e del senso del Tempo, contro lo stato di smarrimento, annientamento e decomposizione che ci circonda. E tale è l’effetto della pura tragedia: uno slancio di verità, oltre i fatti e gli avvenimenti storici. La manifestazione di una profondità ineludibile, che appartiene a tutti, ovunque, in qualsiasi epoca.

MUOIO COME UN PAESE è un progetto di ricerca e sperimentazione artistica aperto, libero. Al momento è attivo in cinque paesi: Italia, Spagna, Grecia, Svezia e Montenegro. Ci interessa esplorarne l’universalità dei temi e come si relazionano con culture e storie diverse e con gli elementi permanenti del paesaggio. Al momento abbiamo già sostenuto tre residenze creative in Italia, Svezia e Spagna dove abbiamo potuto testare e presentare il nostro lavoro a diversi gruppi di camminatori e spettatori. Dopo le tre anteprime nell’estate 2022 in Spagna, per il Festival Walking Art and Relational Geographies, in Italia, al PARC – Center for Performing Arts di Firenze e al Festival di Radicondoli e in Montenegro, al FIAT 2022 – Festival of International Alternative Theatre, stiamo pianificando altre residenze e sessioni di lavoro in Colombia, Nepal e Cina nel 2023.

La possibilità di lavorare nel territorio e la morfologia culturale umbra è un’opportunità di ulteriore apertura e approfondimento dei temi trattati, sperimentando, in collaborazione con Verdecoprente, come la suggestione del bando, il Cibo come momento di aggregazione sociale e culturale, possa intervenire nella forma della performance così come nella stratificazione della repository dei vari materiali finora raccolti. Al momento ci interessa esplorare la possibilità di portare il progetto dentro le case, dentro le cucine di famiglie ospitanti, accanto agli anziani seduti vicino ai tinelli, o attorno alla tavola sparecchiata, e contaminare la presenza dell’Angelus con la vita di interni privati. Toccare, assaggiare come l’intimo diventa e ascolti il politico.
Durante il periodo di residenza, alla quale parteciperebbe la sola artista Gemma Hansson Carbone con il supporto tecnico e teorico online dell’architetto Vasilis Mavrianos, vorremmo quindi provare a coinvolgere realtà locali e le comunità interessate a percorrere assieme a noi questa delicata transizione: saremmo interessati a incontrare e collaborare con le persone, gli artisti, o le associazioni disposti a condividere con l’artista una memoria riconducibile all’ambiente della cucina. La sfida è quella di integrare il testo di Dimitriadis con le testimonianze raccolte, e di poter aprire il risultato di questa fase di ricerca in forma di una performance “domestica”, in una cucina o in una sala da pranzo. Per questa ragione sarebbe necessario attivare una cooperazione con l’Associazione Ippocampo, sia per ricevere assistenza nella ricerca di figure adatte a partecipare al progetto, che nel processo di studio e analisi della storia (formale e informale) del territorio e dei suoi abitanti.

Gemma Hansson Carbone è performer e regista italo-svedese. Nata il 3 marzo del 1988, ha sviluppato la sua formazione artistica in Italia, Svezia e UK.
Ha incontrato e lavorato con maestri come Theodoros Terzopoulos, Chiara Guidi, Romeo Castellucci, Michail Marmarinos, Rodrigo Garcia, Tomi Janesic, Pavol Liska e Kelly Copper (Nature Theater of Oklahoma), Julie Stanzak, Dead Center ed Elli Papakonstantinou.

Dal 2013 alterna collaborazioni internazionali tra l’Italia e la Svezia, nel 2015 fonda a Göteborg la compagnia Naprawski con cui firma la sua prima regia “YOU ARE HERE (so don’t take things so seriously)” coprodotta dal Cinnober Teater di Göteborg (SW), dal PIT Festival ed il Grenland Friteatret di Porsgrunn (NO) e per la quale vince il bando italiano Movin’Up, del MIBACT.

Da allora i suoi progetti e la sua ricerca artistica sono supportati dall’ente nazionale svedese Konstnärsnämnden.
Nel 2016 è attrice nel film “Padre” di Giada Colagrande, nel cast anche Franco Battiato, Willem Dafoe e Marina Abramovic.

Nel 2017 debutta con la sua seconda regia: “GUL – uno sparo nel buio”. Uno spettacolo polar coprodotto con Teatro Koreja e sostenuto da Armunia e Arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, scritto da lei medesima, Riccardo Festa e dal giallista e magistrato Giancarlo De Cataldo.

Dal 2018 inizia la collaborazione con lo Stadsteatern di Göteborg che la vedrà lavorare a fianco del direttore artistico Pontus Stenshäll in qualità di assistente alla regia delle varie produzioni nazionali e internazionali.
Nel 2019 crea assieme a Riccardo Festa “TU ovvero chi è questa stronza?”, uno spettacolo basato sul romanzo Melampus di Ennio Flaiano e sul capolavoro di Federico Fellini 8 e 1/2, scritto assieme al critico Attilio Scarpellini e prodotto da Armunia – Festival Inequilibrio.

Da due anni fa parte della compagnia internazionale ODC Ensemble diretta dalla regista greca Elli Papakonstantinou, per la quale collabora in veste di attrice e dramaturg (ha collaborato agli spettacoli “Traces of Antigone”, “Aède” e “Anti-Oedipus”).

Nel 2022 e 2023 è regista residente per Eleusis 2023 – Capital of Culture, per la quale curerà un progetto interdisciplinare a cavallo tra performing arts e archeologia all’interno del sito archeologico di Eleusi.
Gemma Hansson Carbone è anche una fiera ricamatrice, da anni segue gli insegnamenti della sua nonna italiana ed è creatrice di ricami e arte tessile apprezzati in tutto il mondo.

Dimitris Dimitriadis è nato a Salonicco nel 1944. Nel 1963, grazie ad una borsa di studio del governo belga, ha studiato teatro e cinema a Bruxelles, presso l’Institut National Supérieur des Arts du Spectacle (INSAS). Nel 1966 scrive la sua prima opera teatrale “Il prezzo della resistenza al mercato nero” (originariamente scritta in francese), che poi va in scena a Parigi, poco dopo gli eventi del maggio ’68; è stato messo in scena al Théâtre de la Commune d’Aubervilliers e diretto dal principale regista francese Patrice Chéreau. Nel 1978, il suo primo pezzo in prosa “Morire come un paese” è stato pubblicato (Edizioni Agra, Atene) e ha fatto scalpore, rimanendo una pietra miliare del modernismo greco fino ai giorni nostri. Seguiranno altri brani in prosa, poesie e, naturalmente, rappresentazioni teatrali, tra cui “The New Church of Blood” (1983), “Elevation” (1991), “Ulysses” (2003), “The Circle of the Square” (2006), “Insenso” (2007), “Cassandra’s Annunciation” (2009). La maggior parte del suo lavoro è stato pubblicato dalle case editrici greche Shakespearikon, Indiktos e Agra.

Dal 1971 Dimitriadis ha tradotto, tra gli altri, opere di Jean Genet, J.-P. Sartre, Maurice Blanchot, Georges Bataille, Costas Axelos, Witold Gombrowicz, Molière, Michel Butor, Willian Shakespeare, Gérard de Nerval, Marguerite Duras, Georges Courteline, Maurice Maeterlinck, Honoré de Balzac, Bernard-Marie Koltès, Samuel Beckett, Emil Cioran, Tennessee Williams, così come le opere teatrali dell’antica Grecia: tragedie di Eschilo (“Orestea”) ed Euripide (“Le donne fenicie”, “Ippolito”, “Elena”, ” Ifigenia en Tauris”).

Nel 2010 Dimitriadis è stato premiato dal famoso teatro parigino Odéon, che, sotto la direzione artistica di Olivier Py, lo ha proclamato Contemporary European Director of the Year. Nell’ambito di questo omaggio sono stati messi in scena i suoi testi “Morire come un Paese”
(diretto da Michail Marmarinos) e “Lo stordimento degli animali prima del massacro” (diretto dall’italiana Caterina Gozzi); allo stesso tempo, la sua commedia “Il cerchio della piazza” (all’epoca ancora inedita in greco) ha avuto la sua prima mondiale sotto la direzione dell’italiano Giorgio Barberio Corsetti. Parallelamente si sono svolti una serie di eventi, tra cui letture teatrali, seminari ed emissioni in diretta dell’emittente televisiva “France Culture”.

Link al progetto: https://naprawski.tumblr.com/Projects
Link intervista: https://youtu.be/Uo9Tkv-O8CY

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