All’interno del Prologo / Progetto
Nobiltà e Miseria, presente e futuro delle residenze creative in Italia
di Teatro Metastasio Stabile della Toscana / Contemporanea Festival
L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino
Rossella Viti racconta l’esperienza di Verdecoprente festival.01: “Accogliere e Restituire, queste le strade intimamente percorse prima di approdare alla decisione di ospitare le residenze creative e farne tessuto portante del Festival”.

graffiti_©roberto_giannini
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A che cosa deve servire una residenza creativa, a chi si deve offrire la proposta, quali caratteristiche deve avere per ritenersi una proposta etica e professionalmente valida? Le domande potrebbero prolungarsi in una lista lunga e sempre più articolata nel particolare, poiché ogni residenza, credo, non può che ritagliarsi sugli spazi, fisici, economici, professionali e umani, territoriali e creativi nei quali prende vita. Una vita che deve alimentare e nutrire, offrire possibilità, far procedere il lavoro e muovere energie, pensieri, sguardi. Nell’esperienza di Verdecoprente festival.01, siamo partiti da due necessità fondamentali, quella di accogliere e quella di restituire.
Accogliere
Spazi di vita e di lavoro. E’ stato il pensiero più forte, quello che ha guidato scelte logistiche e organizzative. Dove dormono? Tutti nello stesso luogo o cerchiamo ospitalità diverse nei vari comuni coinvolti? E dove lavorano? Vogliamo trovare spazi accessibili almeno otto ore al giorno, riservati agli artisti, adeguati alle esigenze tecniche ma anche creative del lavoro che vengono a sviluppare, e se possibile, combiniamo il calendario perché sia nello stesso spazio che si presenti lo studio al territorio. Evitare lo stress, il cambiamento repentino. Dodici giorni non sono pochi ma non abbastanza, crediamo, per spostare una scena che si è adattata ad uno spazio. Ci riusciamo nella maggioranza dei casi. Il livello economico piuttosto contenuto del festival definisce da sé la tipologia di residenza, creativa, non c’è spazio per la produzione. Allora puntiamo su quello che riteniamo più ‘nutritivo’, l’incontro e lo scambio, il lavorare in un ambiente nuovo, protetto ma stimolante, un contesto tangibile che si manifesta nelle forme di un paese e della sua gente, ospitale o inospitale, diffidente o curiosa, sono sei i paesi coinvolti, e non sono tutti uguali. Per l’artista in residenza è comunque un nuovo paesaggio da abitare, che lascerà tracce. Ma ‘accogliere’ è rivolto anche verso l’interno, guarda al proprio essenziale e vitale, alla propria ricerca di senso che spinge a guardarti dentro, la propria casa teatrale, il territorio geografico in cui hai scelto di vivere da 18 anni, che ti ha in parte deluso ma che non vuoi deludere, con i rapporti che si è in grado di costruire, la propria necessità di confrontarsi, il piacere di aprire spazi di attraversamento, plurali e traccianti, per quanto temporanei. Accogliere la propria idea di festival mentre si va formando intorno all’idea delle residenze creative, un’idea che appare azzardata per il contesto, ma sempre più insistente. Analizziamo e pianifichiamo da artisti-organizzatori, da gente che va in scena, abituati all’indipendenza creativa, all’esiguità di risorse, a leggere ogni occasione come spazio di riflessione e azione, spesso fuori dalle strade codificate del genere teatrale come dal suo marketing. In ogni contesto si nascondono risorse, in una sorta di ri-generazione continua di possibilità. Sta a ognuno di noi scovarle, sfruttarle, trasformarle, buttarle. Bisognerebbe essere sempre in cerca di un ‘paesaggio come teatro’ per dirla con Eugenio Turri, un teatro del luogo restituito dal nostro percepire e interagire, sempre in cerca di un ‘teatro come paesaggio’ , specchio e cammino di micro drammaturgie animate dall’invisibile. Accogliere infine è l’urgenza di confrontarsi con il pensiero di un’artista che hai amato, per la sua essenza, per la sua coerenza e libertà ‘politica’, per la sua ricerca poetica che continua a produrre frutti anche se lei non c’è più, Maria Lai. Le dedichiamo il festival, la incontriamo, ormai non più cosciente, nella sua casa in Sardegna nell’ottobre 2012, e lei se ne va in aprile, a pochi giorni dalla prima tappa del festival costruita intorno al gioco delle sue Carte dell’arte, con cui accogliamo gli artisti umbri per la II Giornata nazionale C.Re.S.Co., un laboratorio poetico, appunto.
Restituire
Il rapporto creato nel tempo con l’ opera e la famiglia di Maria Lai è la prima cosa che vogliamo restituire, mettere a disposizione degli artisti in residenza, attraverso un racconto affidato a cinque donne, ognuna portatrice di una conoscenza e di un linguaggio diverso. Per confrontarsi con la sua figura, non a priori ma durante il festival. Questo restituire significa creare una fonte di nutrimento, un’apertura verso un mondo diverso, percepito inizialmente come lontano da sé e dal lavoro che si è venuti a fare in residenza. Modificare il punto di vista, distogliere lo sguardo da sé in un’esperienza più antropologica che artistica pensiamo sia importante per un artista. Una ‘distrazione’ efficace, che sembra andare in una direzione opposta all’immersione nel proprio lavoro, ma no, è nutrimento inatteso e si, a volte ingombrante, ma nutrimento necessario. Restituire è anche determinazione e volontà di sostenere la ricerca di generazioni più giovani, la creatività, la serietà e la concretezza dei progetti presentati. In uno sguardo un pò obliquo e divergente c’è la nostra personale disponibilità a com_prendere e dare spazio a produzioni dal linguaggio trasversale, esperienze che viaggiano sui confini, su arterie che sembrano interrompersi per rinascere altrove. La residenza, se vista come un altrove da cercare, si conosce solo quando ci sei dentro e da dentro puoi trovare nuove arterie pulsanti, uscendo dai circuiti noti, senza farti male. Accogliere e restituire, queste le strade intimamente percorse e concretamente discusse prima di approdare alla decisione di ospitare le residenze creative e farne tessuto portante del Verdecoprente Festival.01. Otto formazioni, realtà artistiche, gruppi e singoli artisti del contemporaneo, teatro danza visivo e sonoro, tutti con la vocazione di cercare ‘tra’, tra i linguaggi e le discipline, tra gli spazi codificati di una scena preparata all’azione e quelli aperti ad un’azione che diventi scena, all’improvviso e ovunque, tra i tempi di immersione nel proprio processo creativo e i tempi dettati dall’incontro con il festival, i suoi promotori e il suo programma. Doveva essere così e abbiamo pensato che potesse funzionare, con un ostello, tanti spazi e sei amministrazioni comunali, una scommessa per un territorio non abituato a pensare la scena e le arti contemporanee. Oggi, a tre giorni di distanza dalla conclusione del festival, le residenze ci appaiono come una sana avventura di cui vediamo meglio il paesaggio, un’opera che si è costruita pian piano, e che procede, con moto spontaneo o meno, a lavorare dentro di noi. L’invito a scriverne è ancora esperienza in cammino. Un’esperienza da ripetere, uguale e diversa, “più complicata e bella di quella di prima ..” come quella città invisibile di Calvino che si continua nel suo abbandono e si riforma nelle relazioni, nell’attraversamento e nell’azione di uomini e donne, abitanti temporanei e fugaci, sempre in cerca di nuovi territori dove fondare una città da abbandonare. Sarà così che nascono i paesaggi?
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Verdecoprente Festival è un progetto del Vocabolomacchia_teatro.studio spazio di ricerca creativa fondato da Roberto Giannini e Rossella Viti. Nasce come laboratorio teatrale dell’Associazione Ippocampo, ente non profit che dal 1994 sviluppa le sue finalità in ambito culturale e artistico attraverso progetti di produzione di spettacoli, mostre-installazioni, percorsi educativi e culturali, di formazione ai linguaggi della scena e delle arti visive, pittura e fotografia. Dal 1995 la sede organizzativa è a vocabolo macchia, Lugnano in Teverina, in Umbria Italia, a circa 70 km da Roma, città che resta principale punto di riferimento per lo sviluppo di sinergie e attività.
‘Vocabolo’, che per la toponomastica è l’unità minima che definisce un luogo, è qui il laboratorio dove si organizzano e si mettono in forma le idee, grado zero della ricerca, sosta abitativa ai piedi della ‘macchia’ mediterranea, dispensatrice di energie. Un luogo fortemente condizionato dalla natura circostante che negli anni contribuisce a segnare l’identità del piccolo gruppo, solitario ma non isolato, immerso nella creazione ‘artigianale’ ma attento alle nuove tecnologie della comunicazione, il cui linguaggio trasversale e multidisciplinare, radicato nelle tradizioni teatrali e nelle spinte innovatrici delle arti del ’900, ben si rifette e si confronta con le dialettiche del presente. Lontano da arcaiche codificazioni e strette regole di mercato, il fare è determinato dall’esigenza di uno scambio vitale, dalla necessità di cercare nei linguaggi dell’arte una qualità dell’essere. Rispecchiando le istanze del gruppo il livello progettuale si sviluppa in direzione della qualità relazionale e della comunicazione efficace, privilegiando i processi piuttosto che i prodotti, sostenendo la consapevolezza per un’azione creativa partecipata e condivisa.
ottobre 2013, Rossella Viti
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Categorie:residenze artistiche, Verdecoprente